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Contro il “bullismo”: tolleranza zero !
Cingoli 15 marzo. Il triste fenomeno del “ bullismo” tra ragazzi che produce violenza e discriminazione e rischia di incidere pesantemente sull’armonico sviluppo psico-fisico delle vittime è in triste espansione nel nostro Paese e non solo. Anche a Cingoli, resistono fasce di tolleranza inaccettabili da parte di alcuni genitori che non vogliono assumersi la responsabilità di “andare contro il gruppo dominante”, quando i loro figli sono compresi nel “branco”.
Questa condizione si appalesa particolarmente perniciosa, proprio perchè si tende a giustificare e minimizzare gli episodi anche se non costituiscono fatti eclatanti.
Queste manifestazioni di intolleranza o di esclusione sociale di alcuni ragazzi che possono essere ritenuti “diversi” o non “idonei” al soddisfacimento delle relazioni del gruppo dominante non possono essre giustificate in alcun modo. Trasudano nella loro natura razzismo, diseducazione sociale, solipsismo esasperato.
Non sono un esperto della materia e tuttavia mi affido alle mie sensazioni di genitore e di padre.
Per questa ragione ritengo che la ricerca del Ministero dell’Interno pubblicata sul sito istituzionale
“Verso un uso consapevole dei media digitali” realizzata dal Censis, in collaborazione con la Polizia postale e delle comunicazioni sia importante e da leggere.
Lo studio, basato sulle risposte di 1.727 dirigenti scolastici di tutta Italia, fa parte di un percorso di ricerca che vuole capire meglio le implicazioni dell’uso delle nuove tecnologie da parte degli adolescenti, perchè siamo nell’era della comunicazione digitale ed il 91% dei giovani tra 14 e 18 anni è iscritto ad almeno un social network e l’87% usa uno smartphone connesso alla Rete.
E’ su Internet che si verificano più frequentemente fenomeni di bullismo, lo pensa il 77% dei presidi delle scuole italiane medie e superiori. Più che nei luoghi di aggregazione giovanile, nel tragitto da casa verso scuola ed all’interno degli istituti.
Per il 70% dei presidi i cyberbulli sono indifferentemente maschi o femmine, per il 19% invece sono in prevalenza ragazze e per l’11% soprattutto ragazzi. Il 90% dei dirigenti pensa che il fenomeno del cyberbullismo sia più grave del bullismo perché più doloroso per chi ne subisce le conseguenze e più rapido e duraturo negli effetti negativi sulla reputazione della vittima.
Le famiglie, secondo la ricerca, tendono a minimizzare il problema e ritengono il bullismo digitale poco più che uno scherzo tra ragazzi. Per il 49% dei presidi la maggiore difficoltà da affrontare è rendere consapevoli i genitori della gravità dell’accaduto. Secondo l’89% delle opinioni raccolte il cyberbullismo è più difficile da individuare rispetto a episodi di bullismo tradizionale, perché gli adulti sono esclusi dalla vita online degli adolescenti.
Il 93% dei presidi ritiene, infine, che l’esempio dei genitori influenzi molto o abbastanza il comportamento dei cyberbulli.
Se vogliamo immaginare un società più libera e integrata, noi adulti dobbiamo favorire solide fondamenta di solidarietà, amicizia e sostegno reciproco tra tutti i nostri ragazzi, nessuno escluso.
Filippo Saltamartini